mercoledì, luglio 27, 2005

Il sogno non muore mai

Siamo qui per un sogno: il sogno di poter tornare a sognare.
Mi basta pensarvi per essere certo che nessuno potrà mai seppellire i nostri sogni. Siamo tutti soli, siamo tutti diversi, ma siamo tutti insieme e condividiamo molte speranze, molte paure, molti ideali. Il sogno è una patria comune. Ho cercato questa patria comune facendo un viaggio dentro me stesso.
Siamo Noi i nostri sogni.
Migliaia e migliaia di sogni con tanti spazi con dentro migliaia di "Io".
Ci sono Io Presentabili ed Io Impresentabili.
Quando andiamo in giro per le strade, scegliamo quasi sempre d'indossare la nostra personalità più presentabile, l'Io da passeggio, o l'Io vestito da sera. Quello che ha maggiori possibilità di sopravvivere, forse perché è la nostra coscienza più mediocre, quella che dice sempre "Sì" o "Ni", quella che abbassa gli occhi di fronte alle ingiustizie, alla corruzione, alla miseria e al dolore degli oppressi, dei diversi, dei deboli "perché non ti conviene; perché ti metti nei guai; perché va' con chi vince; perché sta zitto e fregatene, in fondo non sono affari tuoi. Ma la stoffa di questo "Io" da passeggio poi ci soffoca, è una seta gelida, un'anima morta. L'Italia è piena di questi sudari che camminano. Allora noi abbiamo cercato caldo all'inferno, perché siamo partiti alla ricerca del mostro, il "nostro" mostro: quello rinchiuso al buio in una gabbia così inaccessibile che nessuno lo potesse sentire, perché era stato "cattivo", il più cattivo di tutti noi "Io".
Il mostro quello che dice sempre No, l'insolente, il vagabondo, il sognatore, il ribelle, il rompiballe, la nostra personalità più impresentabile, quello che se non riesce a farsi amare si fa odiare, quello che "tu finirai male, figlio mio"; l'ultimo della classe, il guastafeste, capace d'ingraziarsi i potenti e, quando è in cima ai loro favori, di sbeffeggiarli, ma nessuno lo potrà mai capire perché è un gioco a perdere, un calcio al Potere. La luna nera. Il condannato. …Ma anche l'uomo capace di sognare di essere un albatro e di volare verso un sole d'oro.
Solo chi è stato profondamente al buio poteva immaginare una notte così bianca.

Dare il microfono all'Io che teniamo in prigione nel nostro braccio della morte, costituisce un rischio altissimo, per i vecchi noi stessi, per i compromessi che ci farà esplodere dentro, e per la mediocre società, quella che o lo deride, o lo disprezza, o l'ignora; perché il mio io è un italiano fuori posto, non etichettabile, quindi incontrollabile e capace di una rivoluzionaria tenerezza sociale. L'io è pericoloso perché si fa continue domande, mentre per noi sono pericolosi quei giornalisti che non se le fanno più, e soprattutto quei governanti che non hanno mai dubbi. Siamo ricaduti nell'Italia che si fida dei punti esclamativi di un uomo solo. Io preferisco continuare a fidarsi dei punti interrogativi di tutti.

Thomas Eliot, in un verso infinito di tre parole, si chiede: "Oserò turbare l'universo?"

Osero' Io?