lunedì, ottobre 30, 2006

Come dio comanda


Ammaniti scrive bene.
Su questo non ci sono dubbi. Il fatto che scriva bene non implica che il suo sia un bel libro. Si fa leggere ma un bel libro non e' cosi'.
Come dio comanda, il titolo e' indovinato. Si parte con la descrizione di una pianura che potrebbe essere qualsiasi posto al di sopra del po' e poi via con i luoghi comuni. Il cattivo nazista che poi, come diceva la Berte', cosi' cattivo non lo e' mai. Lo scemo del villaggio che subisce tutto fino al punto in cui esplode. Il ciccione, insoddisfatto, alcolizzato, tradito che mi ricorda un po' il John Goodman del Big Lebowski e poi ancora le due ragazzine belle e indifferenti, il frate e l'approfittatore
Il tutto condito dal solito cliche della provincia indifferente a tutto tranne al denaro. Un libro di luoghi comuni ben scritto e niente piu'.

martedì, ottobre 24, 2006

MM

A Milano, di notte, c'è il mare. E' un mare di persone che, nascoste dall'oscurità, nuotano da un locale all'altro per pescare o per farsi pescare, un po' esche, un po' squali disinvolti e impacciati. E' un mare di guai, nelle bische volanti di Piazza Tirana, dove un dado e una pallottola rimediano sempre un buco di troppo. E' un mare in burrasca alla disperata, frenetica ricerca del divertimento prima che faccia giorno. E' un mare di equivoci in cui i travestiti brasiliani si spacciano per ex ballerine Oba Oba, ostentando, anzichè la voce delle sirene, baritonali listini dei prezzi. E' un mare che a tratti può apparire deserto e ti sembra che non ci sia in giro nessuno, ma sai che è profondo come l'oceano e, come l'oceano, abitato. E' un mare in cui potersti perderti se non ci fossero le luci dei locali aperti a farti da faro, se non ci fossero finestre illuminate anche in palazzi quasi completamente addormentati, come a dirti che a Milano le case dormono con un occhio solo. E poi ci sono i fari delle auto che dragano la città per mettere a fuoco una tentazione. I buchi dei dadi, dei proiettili, delle siringhe, delle narici da dove esce muco ed entra cocaina, i buchi del corpo umano eletti a custodi del piacere della carne. Da tutti questi buchi, di notte a Milano, fuoriesce l'acqua, da tutti questi buchi, al mattino, l'acqua rientra e nessuno ha il coraggio di ricordare che a Milano, di notte, c'è il mare.

martedì, ottobre 10, 2006

Ciak si gira

Sei lì, fermo al semaforo dietro ad un parabrezza affumicato. Mano sul cambio, e volante nell'altra. La luce potrebbe essere verde, ma il silenzio dei clacson ti tiene fermo. Alla radio danno uno di quei pezzi che ti obbligano a muovere la testa in un compulsivo e psicopatico si. Davanti agli occhi, ancora quel pensiero che ronza come un’ape indecisa sul fiore da scegliere. Seguendo l’ape, ti ritrovi catapultato nell’occhio del pensiero che ronza. Tutto è buio con sfumature di nero, non si vede un cazzo perché sai già quel che vedrai.
Come un sipario lento, di quelli pesantissimi e sollevati a mano, il buio si alza per lasciare posto alla luce delle immagini. Dapprima sfocate, poi nitide come un pugno in faccia. Immagini aspre come il deserto, secche come le noci e violente come la vita. Tu, affacciato al lucernaio della memoria, che cerchi di dimenticare di bere per poter ricordare di non sbronzarti. Ma è inutile, la scena è sempre lì, tra il vetro e il tergicristalli, come moscerini spiaccicati sulle lenti a contatto. Non c’è modo di mandarla via e allora provi a mandarla giù, ma ti si ripropone come la peperonata dell’inverno scorso: scotta e troppo salata. L’episodio, quel episodio, ti ha cambiato la vita allo stesso modo in cui si cambia un pannolino ai bambini. Velocemente e lasciandoti una gran puzza sotto al naso. Sarebbe così bello poter tornare indietro e rifare la stessa cosa. Per poi pentirsi e compiacersi di essersi pentiti. E invece niente, non puoi tornare sui tuoi passi e cancellare le orme. Cosa fai? Spruzzi acqua sul vetro e accendi le spazzole? Non puoi. Ecco il panico che inizia a salire da dietro la schiena. Parte dall’osso sacro e arriva al collo, pizzicando ogni vertebra. Si impossessa di ogni cellula del tuo corpo, ti strozza le tonsille recidendo le corde vocali, alle quali ti saresti voluto attaccare con un urlo. Ma l’urlo non esce, recalcitra con un ammutinamento tale da ammutolire anche i muli. La scena è muta, come altrimenti non poteva essere. I colori sono sbiaditi nella memoria, come una vecchia pellicola 8 mm, prevalenza di rosso scuro da lunghissimo tramonto autunnale.
Stop. Rewind. Ciak – Scena 9 – IIa. Motore. Azione. Usciamo?

giovedì, ottobre 05, 2006

Here I am (e piove) Pt 1/2


Here I am (e piove) Pt 2/2